Veglia per la vita 2023



Venerdì 3 febbraio ci sarà la “Veglia di preghiera per la Vita” in preparazione alla 45^ “Giornata per la Vita” che la Chiesa Italiana celebra domenica 5 febbraio. La veglia di preghiera verrà fatta venerdì 3 alle ore 21.00 nella chiesa di S.Giovanni Battista a La Spezia zona Migliarina. La veglia sarà presieduta dal nostro vescovo Mons. Palletti, ci saranno due testimonianza di vita vissuta accanto a persone sofferenti: i coniugi Maloni e il dott.Mario Bregnocchi. Ci aiuterà nella preghiera il coro parrocchiale di San Giovanni Battista.

La veglia è organizzata nella collaborazione tra l’Ufficio Diocesano Pastorale Famiglia e alcune associazioni ecclesiali e laiche: Movimento per la Vita, Cammino Neocatecumenale, Movimento dei Focolari, Universitari per la Vita, Associazione La Famiglia, Comunione e Liberazione e MASCI.

Nella veglia rifletteremo e pregheremo su alcuni punti del messaggio dei Vescovi per questa giornata. Il messaggio ha come titolo «La morte non è mai una soluzione. “Dio ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte” (Sap 1,14)»

I vescovi partono dalla considerazione che sempre più si deve «constatare come il produrre morte stia progressivamente diventando una risposta pronta, economica e immediata a una serie di problemi personali e sociali. Tanto più che dietro tale “soluzione” è possibile riconoscere importanti interessi economici e ideologie che si spacciano per ragionevoli e misericordiose, mentre non lo sono affatto». La morte, sembra proprio la soluzione per ogni difficoltà: quando si presenta una gravidanza non prevista, quando una malattia non la posso sopportare, quando rimango solo, quando perdo la speranza, quando vengono a mancare le cure palliative, quando non sopporto veder soffrire una persona cara, quando si acuiscono le relazioni conflittuali dei popoli, etc. Tutto questo contribuisce alla «cultura di morte» che così «si diffonde e ci contagia».

Poi il messaggio ci pone un interrogativo suggestivo: «Ma poi, dare la morte funziona davvero?». «Siamo sicuri che la banalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza elimini la ferita profonda che genera nell’animo di molte donne che vi hanno fatto ricorso? […] Siamo sicuri che il suicidio assistito o l’eutanasia rispettino fino in fondo la libertà di chi li sceglie, oppure è la carenza di cure e relazioni che fanno sentire soli e di essere un peso per gli altri? Siamo sicuri che dietro il crescente fenomeno dei suicidi, anche giovanili, non ci sia l’idea che “la vita è mia e ne faccio quello che voglio”?».

I vescovi poi centrano il problema di fondo: il giudizio sulla qualità della vita, propria e altrui, legato al principio di auto-eterodeterminazione inteso in senso assoluto. «Alla fondamentale fiducia nella vita e nella sua bontà – per i credenti radicata nella fede – che spinge a scorgere possibilità e valori in ogni condizione dell’esistenza, si sostituisce la superbia di giudicare se e quando una vita, foss’anche la propria, risulti degna di essere vissuta, arrogandosi il diritto di porle fine».

Alla base di questa cultura della morte c’è la ricerca di un senso dell’esistenza solo orizzontale, monco della sua visione trascendente. Significativo a questo proposito il rimando alla stagione pandemica: «Il turbamento di molti dinanzi alla situazione in cui tante persone e famiglie hanno vissuto la malattia e la morte in tempo di Covid ha mostrato come un approccio meramente funzionale a tali dimensioni dell’esistenza risulti del tutto insufficiente».

Quale la risposta a simile deriva? I vescovi indicano innanzitutto una doppia soluzione: Cristo crocefisso e risorto e la retta ragione. «Il Signore crocifisso e risorto – ma anche la retta ragione – ci indica una strada diversa: dare non la morte ma la vita, generare e servire sempre la vita. Ci mostra come sia possibile coglierne il senso e il valore anche quando la sperimentiamo fragile, minacciata e faticosa. Ci aiuta ad accogliere la drammatica prepotenza della malattia e il lento venire della morte, schiudendo il mistero dell’origine e della fine. Ci insegna a condividere le stagioni difficili della sofferenza, della malattia devastante, delle gravidanze che mettono a soqquadro progetti ed equilibri».

Infine indicano altri tre strumenti: la preghiera, l’azione concreta e l’esempio di vita, perché la vita vissuta in pienezza può contagiare gli altri e disinnescare tentazioni mortifere. A tal proposito il messaggio indica «la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse». Fondamentale poi che ogni azione sia supportata dalla «carità che sappia farsi preghiera e azione». Infine il richiamo ad uno «stile di vita coniugale, familiare, ecclesiale e sociale, capace di seminare bene, gioia e speranza anche quando si è circondati da ombre di morte».